23 Aprile 1158
La distruzione di Laus è meglio lasciarla raccontare ad un cronista d’eccezione presente all’evento: Ottone Morena.
Era il venerdì dopo la Pasqua e Ottone Morena scrisse:
“Vennero a Lodi – vennero con carri, buoi, cavalli e sacchi; e con somma violenza entrarono nelle case, sotto gli occhi degli uomini, che non osavano opporsi, ma quasi morivano dal dolore. Portarono via Cavalli, biada, vino e ogni altra loro masserizia, senza alcun diritto.” Le minacce quindi non erano rimaste tali e ….. arrivati un giorno prima dell’ ultimatum minacciarono di morte gli abitanti di Laus dicendo loro che dovevano lasciare la loro città. I milanesi giurarono e furono irremovibili tanto che nemmeno le lacrime di donne e bambini servirono a molto. Era preferibile quindi “salvare i corpi e le anime piuttosto che le ricchezze”
24 Aprile 1158
Ammassarono poche cose trasportabili e
“quando il sole era già al tramonto, tutti, maschi e femmine, piccoli e grandi, lasciarono le case e ogni altra cosa, chiusero le porte dietro di se, lasciandovi per custodi solo i cani e i gatti, e fuggirono per tutta la notte verso il Castello di Pizzighettone.”
Fu una marcia terribile
“Le donne con uno dei piccoli al collo, un altro in braccio, altri attaccati agli orli delle loro vesti e gli altri che seguivano piangendo, che cadevano più e più volte coi loro infanti talora per la via, talaltra nei fossati, e i grandi signori e le loro mogli senza cavalli che andavano a piedi come meglio potevano e molti anche di questi che urlavano perché cadevano nei fossati con le loro mogli, dal momento che era notte e per di più pioveva.”
Arrivarono a Pizzighettone, ma al peggio non c’è mai fine. In città, non c’erano posti a sufficienza per tutti. Stavano tre o quattro famiglie per volta, in questi ricoveri di fortuna, e siccome la primavera era già calda, le condizioni igieniche precarie, ben presto scoppiò un epidemia e in molti specialmente i bambini, morirono. Vennero seppelliti dopo l’ Adda nei pressi della chiesa di San Pietro in Pirolo. Alcuni avevano raggiunto Cremona ma la malattia li aveva seguiti.
Nel frattempo i Milanesi:
“Spogliarono tutti i suburbi, e quella notte stessa e nei due giorni successivi li arsero tutti, poi diroccarono le case.
Tagliarono quindi le viti dei lodigiani, catturarono e condussero in carcere quelli che erano rimasti li “.
Tolsero le pietre angolari delle case perché non fosse possibile tornare e ricostruirle, come Catone fece con Cartagine. Nell’estate successiva i Milanesi tornarono a Laus per portare via i raccolti e saccheggiare le coltivazioni. I Laudensi che si erano rifugiati a Pizzighettone assieme ad alcuni abitanti del posto e pochi cavalieri si rivoltarono. Si incontrarono così nei campi vicini a Cavacurta. Ed anche se i Laudensi erano davvero in pochi i Milanesi questa volta non li attaccarono forse temendo la rabbia e la disperazione dei rivali.